Tra i sette e i nove mesi di vita avvengono molti cambiamenti evolutivi nel bambino che lo predispongono al vero e proprio comportamento di attaccamento. In questa fase l’obiettivo del bambino diventa quello di mantenersi abbastanza vicino alla madre, tanto da usarla come “base sicura” a cui tornare se l’ambiente esplorato diventa pericoloso e a cui mostrare segnali di protesta qualora questa si allontani (Holmes, 1994).
John Bowlby, psicoterapeuta e psichiatra infantile, definì il comportamento di attaccamento come “una forma di comportamento che si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un’altra persona, chiaramente identificata, ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato” (Bowlby, 1989). Affermò, inoltre, che tale comportamento è tipico della prima infanzia, ma si conserva per tutta la vita dell’individuo, soprattutto nelle situazioni di emergenza (Ibid.).
Un contributo rilevante allo studio dell’attaccamento nel ciclo della vita è venuto da Mary Ainsworth, psicologa statunitense, allieva di Bowlby. L’Autrice definisce l’attaccamento come un “legame affettivo”, ovvero “un vincolo relativamente duraturo con un partner che acquista valore come individuo unico e non intercambiabile” (Ainswort, 1995). I rapporti di attaccamento sono caratterizzati dal desiderio di vicinanza con l’altro e questo è un segno distintivo di questi particolari legami affettivi. L’Autrice analizza parallelamente il legame tra il bambino e i genitori, il legame sessuale di coppia, i legami di amicizia e quelli tra fratelli.
Nel legame di coppia a lungo termine, tra i partner si instaura un attaccamento reciproco che implica l’atteggiamento di cura di uno verso l’altro. Ciascuno dei due partner può trovarsi, a seconda delle situazioni, a considerare l’altro come più saggio, o più forte, o più competente, e questi risponde, a sua volta, offrendo cure e protezione (Ibid.). Ecco, dunque, che la relazione tra due adulti di sesso opposto può ricalcare il legame di attaccamento tra bambino e genitore, in quanto ne mantiene la caratteristica fondamentale: garantire all’altro una “base sicura”.
“I legami di coppia adulti manifestano (…) secondo modalità diverse, le caratteristiche dell’attaccamento infantile” (Weiss, 1995): gli attaccamenti adulti sono uno sviluppo di quello infantile. Ad esempio, entrambi hanno la capacità di polarizzare l’attenzione e l’energia in condizioni di minaccia. La perdita della sfigura di attaccamento, sia nell’infanzia che nell’età adulta, determina il lutto e “in entrambi i casi è possibile osservare una sindrome che include il chiamare e il piangere, una ricerca determinata e talvolta frenetica, il persistente ricordo percettivo della figura perduta, irrequietezza ed eventuale disperazione” (Ibid.).
Un altro elemento di somiglianza tra attaccamento infantile e adulto è la generalizzazione dell’esperienza. Si può verificare che le emozioni legate alle esperienze infantili di attaccamento si conservino anche negli attaccamenti adulti. Ad esempio, i soggetti che nell’infanzia hanno perduto la fiducia nei genitori, avranno difficoltà nel rapporto di coppia dovute proprio alla mancanza di fiducia nei propri genitori. Negli altri tipi di rapporti che non sono attaccamenti, come i rapporti di lavoro, queste difficoltà non vengono evidenziate.
Infine, gli attaccamenti adulti, come il legame di coppia e l’attaccamento genitoriale, si manifestano solo dopo che i genitori sono passati in secondo ordine come figure di attaccamento. Ciò conferma l’ipotesi che l’attaccamento adulto sia uno sviluppo di quello infantile: “se un eventuale sistema emotivo che stimola il legame si fosse sviluppato in età adulta indipendentemente dal sistema infantile, sarebbe estremamente improbabile che ne presentasse esattamente le stesse caratteristiche” (Ibid.).
Hazan e Shaver hanno voluto verificare l’utilità della teoria dell’attaccamento infantile per lo studio dell’attaccamento tra adulti. Hanno ipotizzato che l’amore tra partner avesse degli elementi simili al sentimento di attaccamento del bambino alla madre. In particolare hanno analizzato la richiesta di vicinanza fisica, la fiducia nella disponibilità dell’altro, la richiesta di conforto rivolta all’altro e il sentimento di disagio quando il partner si allontana (Hazan, Shaver, 1995). Anche negli adulti la ricerca di vicinanza con il partner può essere considerata un elemento che favorisce l’attaccamento, ma mentre nel bambino essa è dettata principalmente dalla paura, negli adulti è motivata dall’attrazione sessuale. Se, tuttavia, nel corso della relazione i partner non riuscissero ad offrirsi reciprocamente conforto e sicurezza potrebbero non raggiungere mai la soddisfazione nella relazione. Dopo alcuni anni quindi è probabile che la relazione con il partner possa diventare una fonte di sicurezza, una “base sicura” simile a quella fornita dal genitore.
Nell’innamoramento l’individuo sente l’esigenza di riattualizzare quel “Senso del Noi” già vissuto nell’infanzia e i suoi sentimenti di attaccamento, stimolati anche dal desiderio di esplorare l’altro come nuovo compagno di interazione (Norsa, Zavattini, 1997). Il concetto di attaccamento implica tuttavia, a mio avviso, anche un concetto di autonomia e di separazione. Infatti i genitori, per promuovere uno stile di attaccamento sicuro, non solo devono essere capaci di creare un clima di affetto e protezione, ma anche di favorire l’autonomia nel bambino fornendo ad esso la possibilità di una dialettica tra “base sicura” ed esplorazione dell’ambiente. Bowlby crede che la stabilità emotiva in età adulta sia una prerogativa degli individui che durante l’infanzia hanno potuto conoscere il mondo, sicuri di poter ritrovare la propria madre ad accoglierli nei momenti di frustrazione.
L’intimità nell’età adulta, se vissuta con equilibrio emotivo, assomiglia alle modalità di attaccamento tra bambino sicuro e genitore, in cui l’intimità non esclude l’autonomia di ognuno dei due partner, ed è proprio questa intimità che va a costituire le basi del senso di sicurezza, motivando il bambino ad avventurarsi fuori di se stesso per esplorare il mondo e le proprie capacità.
Marina Belleggia
Per approfondire:
Ainswort, M. D. (1995), Attaccamenti e altri legami affettivi nel corso della vita. In C. M. Parkes – J. Stevenson-Hinde – P. Marris (Eds.). L’attaccamento nel ciclo della vita (29-48). Roma: Il pensiero Scientifico.
Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Milano: Cortina.
Hazan, Cc. – P. R. Shaver (1995). L’attaccamento di coppia negli adulti: teoria ed evidenza empirica. In L. Carli (Ed.). Attaccamento e rapporto di coppia (43-88). Milano: Cortina.
Holmes, J. (1994). La teoria dell’attaccamento. John Bowlby e la sua scuola. Milano: Cortina.
Norsa, D. – G. C. Zavattini (1997). Intimità e collusione. Teoria e tecnica della psicoterapia psicoanalitica di coppia. Milano: Cortina.
Weiss, R. S. (1995). Il legame di attaccamento nell’infanzia e nell’età adulta. In C. M. Parkes – J. Stevenson-Hinde – P. Marris (Eds.). L’attaccamento nel ciclo della vita (63-74). Roma: Il Pensiero Scientifico.
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